martedì, settembre 04, 2012

Lumia: "Ricordare efficacemente Dalla Chiesa deve significare fare l'antimafia del giorno prima"


Il 3 settembre 1982 Cosa nostra uccide il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, inviato dal governo a Palermo per combattere la mafia “con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”, come dirà con amarezza lo stesso generale in un momento di sfogo durante la sua permanenza nel capoluogo siciliano. Con lui perderanno la vita anche la moglie, Emanuela Setti Carraro, e l’autista e agente di scorta, Domenico Russo. L’assassinio di Dalla Chiesa arriva quattro mesi dopo l’uccisione di Pio La Torre, segretario regionale del Partito comunista ed estensore, insieme a Virginio Rognoni, del disegno di legge che introduce nel nostro ordinamento il reato di associazione mafiosa e la confisca dei patrimoni ai boss. Una legge che verrà approvata dal Parlamento il 13 settembre del 1982, proprio sull’onda emotiva del delitto Dalla Chiesa. Ci sono voluti due omicidi eccellenti perché il Parlamento approvasse una norma che rappresenta la pietra miliare della moderna lotta alla mafia. Prima di allora per lo Stato italiano far parte di Cosa nostra non era reato, mentre i boss e il loro familiari potevano godere del patrimonio accumulato illecitamente senza alcun timore. È l’antimafia del giorno dopo che ha sempre contraddistinto la politica italiana nel contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso.
Un vizio duro a morire, che affonda le sue radici nel sistema di collusioni che le mafie riescono ad instaurare con pezzi della politica e dell’amministrazione pubblica. La legislazione antimafia italiana è, infatti, una legislazione d’emergenza e che pertanto presenta buchi e limiti. Ancora oggi sono tanti i provvedimenti e gli strumenti di lotta alla mafia che mancano all’appello e che inspiegabilmente non vengono messi a disposizione della magistratura, delle forze dell’ordine e più in generale del movimento antimafia organizzato. Mi riferisco: all’obbligatorietà della denuncia da parte degli operatori che subiscono il racket delle estorsioni, per liberare dal giogo mafioso energie e risorse produttive; all’introduzione del reato di autoriciclaggio; all’estensione del reato di voto di scambio (il 416 ter), finora punito soltanto nel caso della compravendita in denaro, ad altre utilità; alla riapertura delle carceri di massima sicurezza di Pianosa e l’Asinara, per una più severa applicazione del regime di carcere duro (il 41 bis); all’aumento delle pene per tutti i reati di stampo mafioso; all’adozione di una legge sulla corruzione; ad una più efficace gestione dei beni confiscati che ne consenta il recupero e il riuso a fini sociali e istituzionali; ad una migliore gestione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia. Provvedimenti di cui ho proposto l’approvazione più volte in Aula e in Commissione antimafia, ma che sistematicamente o vengono depotenziati o cadono nell’oblio delle varie legislature. Nel giorno in cui si commemora l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa la politica è chiamata ad una presa di coscienza sulla necessità di combattere un fenomeno che impedisce lo sviluppo del Paese, ad una riflessione profonda su come combatterlo, ad una assunzione di responsabilità affinché finalmente il contrasto alle mafie diventi una priorità vera. Bisogna dare corso all'antimafia del giorno prima. La lotta alla mafia non può essere demandata al coraggio e alle capacità di alcuni servitori dello Stato, né tantomeno può avvalersi di una legislazione estemporanea. Dal Parlamento al Governo, dalle Regioni agli Enti locali alla società civile serve un impegno condiviso ed un lavoro costante per mettere nelle condizioni il movimento antimafia di vincere la guerra. È questo il modo migliore per ricordare un uomo che ha dato la vita per l’affermazione della legalità e della giustizia.
Sen. Giuseppe Lumia
componente della commissione antimafia

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