venerdì, settembre 28, 2012

Antiviolenza. Prima donne e bambine. Sallusti e Farina sul corpo delle donne

Renato Farina e Alessandro Sallustri
A cura di Luisa Betti
I fatti. Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti è stato condannato a 14 mesi di reclusione in Cassazione per reato di diffamazione nei confronti del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo per un articolo uscito su Libero nel 2007 e firmato con uno pseudonimo (Dryfus), quando Sallusti dirigeva quel giornale. Nel corso della puntata di Porta a Porta di ieri, Vittorio Feltri afferma pubblicamente che è Renato Farina l’autore del pezzo firmato Dreyfus per cui Sallusti è stato condannato per omissione di controllo, essendo lui il direttore del giornale che lo pubblicò. Oggi Renato Farina (ora deputato del Pdl ma radiato dall’Ordine dei giornalisti anni fa per aver ammesso di aver lavorato con i Servizi segreti italiani fornendo informazioni e pubblicando notizie false in cambio di denaro), ha fatto la sua confessione alla Camera, ammettendo di aver scritto lui quell’articolo e chiedendo la grazia per il giornalista o la revisione del processo a suo carico e aggiungendo: “Chiedo umilmente scusa al magistrato Cocilovo: le notizie su cui si basa quel mio commento sono sbagliate”.

Ma ha anche detto: “Non provo un senso di colpa e moralmente non mi sento responsabile della condanna di Sallusti. Se io avessi saputo per tempo e il magistrato me l’avesse chiesto avrei detto di averlo scritto io”.
o    Oggi pomeriggio il presidente Napolitano e il ministro della Giustizia Paola Severino, hanno espresso l’esigenza di modifiche normative in materia di diffamazione a mezzo stampa, non escludendo ricadute sul caso Sallusti.
o    Il provvidemento, per cui il direttore vuole dare le dimissioni dalla direzione del Giornale (rifiutate dall’editore del quotidiano Paolo Berlusconi), non significherà per Sallusti materialmente il carcere perché, essendo incensurato, avrà pena sospesa (il carcere ci sarà per lui solo in caso di una seconda condanna penale in cui si prevede un cumulo di pena).
L’opinione
o    La condanna in penale sul reato di opinione è spregevole e nessuno deve andare in carcere per quello che pensa, e su questo non ci sono dubbi, ma per essere certa di quello che scrivo sono andata a vedere i motivi contenuti nell’articolo di Renato Farina – e che il direttore Sallusti non ha impedito di pubblicare – che hanno fatto decidere il giudice tutelare Cocilovo di ricorrere in penale. E scopro con orrore che, come dice il giornalista tedesco Michael Braun nel suo articolo “Libertà di diffamazione” apparso oggi su Internazionale online: “in veste di direttore, Sallusti si è reso complice di un reato grave, e che prima di assurgere al ruolo di martire ha vestito i panni dell’autore di un atto illecito”. Ma cosa avrà pubblicato Libero nel 2007 di così terribile? L’articolo di Farina parla di un fatto accaduto un po’ di anni fa e riguardante una situazione molto delicata in cui il giudice tutelare Cocilovo ha autorizzato una interruzione di gravidanza di una ragazza di 13 anni accompagnata dalla madre (e non dal padre, e per questo l’intervento del giudice tutelare) sulla cui vicenda non entro in merito per ovvi motivi. Il fatto è che Farina non descrive né dà una generica opinione e neanche ci ricama sopra, ma attacca frontalmente il diritto all’interruzione di gravidanza, trattando il corpo della minore come fosse un involucro contenente un qualcosa che non la riguarda, denigrando la capacità genitoriale di questi genitori, la professionalità del ginecologo e del giudice, per cui non solo sembra che la ragazzina sia stata forzata ad abortire contro la sua volontà ma si chiamano questi adulti “assassini” e si richiede a loro carico la pena di morte: altro che 14 mesi di reclusione! “Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice. Quattro adulti contro due bambini. Uno assassinato, l’altro (l’altra, in realtà) costretto alla follia”. Farina inneggia platealmente al diritto alla vita e sempre e comunque in piena sintonia con le crociate antiabortiste fin troppo note a noi donne, ma non si arresta perché poi rincara dicendo, di noi, che “si resta madri anche se il figlio è morto”! (e tra l’altro: ma lui che ne sa?). Sui genitori della ragazza Farina aggiunge testuale: “Strappare in fretta quel grumo dal ventre della bimba prima che quell’Intruso frignasse, e magari osasse chiamarli, loro tanto giovani, nonna e nonno. Figuriamoci. Tutta ’sta fatica a portare avanti e indietro la pupa da casa a scuola e ritorno, in macchina con la coda, poi a danza, quindi in piscina. Ora che lei era indipendente, ecco che si sarebbero ritrovati un rompiballe urlante e la figlia con i pannolini per casa. Il buon senso che circola oggi ha suggerito ai genitori: i figli devono essere liberi, vietato vietare. Dunque, divertitevi, amoreggiate. Noi non eccepiamo. Siamo moderni. Quell’altro che deve nascere però non era nei patti, quello è vietato, vietatissimo”.  Io mi sento offesa, offesa profondamente, come donna, ma soprattutto come essere umano, sia da Farina che da Sallusti: il primo perché ha strumentalizzato una vicenda tragica di una ragazzina minorenne per sostenere la sua crociata antiabortista, e il secondo perché aveva il dovere di controllare questo abominio che non è classificabile neanche come “opinione”. La ragazzina, secondo Farina, cosa doveva fare? tenersi il bambino? e il giudice che doveva fare? non autorizzare l’interruzione di gravidanza? E il ginecologo? Rifiutare di effettuare l’interruzione? La correttezza dell’informazione, compresa l’opinione, è anche nel rifiuto della strumentalizzazione del corpo delle donne e nel rispetto delle donne stesse e delle loro decisioni. Chi scrive deve sapere cosa sta dicendo perché non fa una chiacchiera in un bar ma lo scrive su un organo di informazione nazionale, e sono proprio i direttori dei giornali che devono vigilare affinché ciò avvenga in maniera corretta e comunque non offensiva anche quando si esprime un pensiero o una opinione. GiULiA (la rete delle giornaliste autonome nazionale) si è fatta due domande: “Perchè Ordine e Sindacato di fronte a quell’articolo, che conteneva falsità e dunque gravemente lesivo del diritto dei lettori alla verità, pubblicato nel 2007, non erano intervenuti per sanzionarlo? E perché non radiare Sallusti, il che significa per cominciare ed automaticamente, secondo la legge, sospenderne la firma come direttore responsabile?” Ecco infatti: perché?

Nessun commento: