martedì, luglio 17, 2012

Dopo Falcone, toccò a Borsellino...


Paolo Borsellino
... "Eppure, appena due mesi dopo. Nonostante le lacrime, gli anatemi, il risveglio della città, tocca a Paolo Borsellino, il giudice più esposto nella lotta contro la mafia, il magistrato che ha raccolto naturalmente l’eredità di Falcone. È il 19 luglio, è domenica, sono le sedici e cinquantotto, Palermo è scossa da uno schianto. Io mi trovo a Palazzo dei Normanni per il turno pomeridiano, chiamo subito Rosa al telefono, sento la sua voce allarmata, eco della mia. Rosa ha con sé i bambini, è a casa dei genitori, dice subito quello che pensa: “Ho paura che si tratti di un nuovo attentato, stai attento”, la invito a rimanere a casa e attendere il mio ritorno. Le sirene impazzite delle forze dell’ordine e gli elicotteri che sorvolano la città ci confermano che è successo qualcosa di spaventoso, un fumo denso e nero si alza in direzione della Fiera del Mediterraneo. La televisione comincia a diffondere la notizia di un terribile attentato che ha sconvolto nuovamente Palermo, un’ora dopo sappiamo che è stato assassinato sotto la casa della madre, in via Mariano D’Amelio, il giudice Paolo Borsellino insieme a cinque ragazzi della scorta, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina.
Un sesto poliziotto si è salvato miracolosamente, protetto dall’auto blin99 data, è Antonio Vullo, un amico con cui dividiamo da tre anni il secondo piano dello stabile di via Flavio Gioia. Vado a trovarlo in ospedale quella stessa sera insieme al collega Totò Caruso con il quale ho diviso il turno di lavoro, al reparto chirurgia di Villa Sofia; è stretto tra i familiari, Maria Letizia, la moglie, non si stacca da lui neanche per un attimo. Ripenso alla sua rapidissima carriera nel servizio scorte della questura di Palermo, ricordo la sua voglia di rendersi utile dopo la strage di Capaci come agente di scorta, il suo orgoglio nel comunicarmi, alla fine di giugno, di essere stato chiamato a salvaguardare la vita di Paolo Borsellino.
Palermo è attraversata da un fiume impetuoso di sgomento e ribellione, e noi ci facciamo travolgere consapevolmente, sentiamo tutta la responsabilità di una svolta storica. Il nostro lavoro minuto e quotidiano, la fatica di fare e la fatica di continuare a indignarsi, a opporsi, a non dare nulla per perso o scontato, di colpo sembra essere diventata un patrimonio comune, il dolore, lo sgomento e la vergogna si trasformano in una rabbia cupa, nell’esigenza emotiva e quasi fisica di riscatto dei cittadini. Ogni giorno manifestazioni e assemblee affollatissime, ci si oppone allo Stato e alle Istituzioni che tanto deboli sono state, ma quello sdegno è poi una dichiarazione di fedeltà allo Stato di diritto, alla democrazia, alla legalità. Adesso tutti sappiamo che Falcone aveva ragione, quando nel libro-intervista con Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, dichiarava che “Lo Stato ha i mezzi per sconfiggere la mafia”. Lui ne era certo, in diverse occasioni ha ripetuto: “La mafia non è un fenomeno invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, una sua evoluzione e avrà anche una fine”. ...
da "Un miscelino per Rosa" pag. 98

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