lunedì, maggio 14, 2012

Bolognetta, Italia

Bolognetta
Continuano a succedere cose, in questo Paese, ma è come se non fosse, perché non ne parla nessuno e nei notiziari, nella cosiddetta informazione, si trovano solo con la lente di ingrandimento. Nel profluvio di agenzie, per uno che dichiara e l’altro che risponde e un terzo che ribadisce, prima che arrivi un altro a smentire tutto e quindi a dare un altro colpo di manovella allo show,  è un dovere, oltre un piacere, ospitare un pezzo di Luciano Manna che ci racconta l’incredibile e triste storia di Bolognetta, quattromila anime a 20 km da Palermo, paradigma di un paese che del futuro non sa proprio cosa farsene. Buona lettura.

La tornata elettorale del 6 e 7 maggio 2012 è stata senza dubbio originale e diversa dalle altre. Politicamente non si è mosso molto, più semplicemente il travaso dei voti tra i “partiti forti” ha ricevuto un’ondata come dei sassolini in un grande recipiente mosso da un bambino, sassi che ora vanno a destra, poi a sinistra ed alcune volte assumono una posizione centrale che non sai spiegarti. I numeri hanno avuto il loro solito effetto alimentando le trasmissioni  televisive, anche la carta stampata, ma principalmente le tribune e i dibattiti politico-elettorali. Alcuni di questi, uno in particolare,  pur di non fare il classico tour de force da exit pool, pronostici (seri) e dati parziali prima e dopo cena, hanno inventato simpatiche alternative negli studi televisivi. Chi segue da casa non può annoiarsi con le sole percentuali di voto e quindi si presentano  gelatai, che dovrebbero saper  fare un buon gelato artigianale, che diventano saggisti e analisti politici da far invidia a Mannheimer. Da questo ne deduco, seppur con stupore vista la trovata, che saranno senza dubbio elezioni diverse e divertenti.
Succede quindi che nelle televisioni delle famiglie tarantine, uno che fa gelato dà i numeri facendo pronostici sulle percentuali di voto definitivo ed i politici candidati diventano gusti di alta cremeria. E’ tutto un “programma”, la cosa diventava davvero interessante. Per capire come è andata a finire con il gelato politico andiamo per un attimo alla fine della storia concludendo che i pronostici del gelataio si sono poi rivelati, in virtù del risultato elettorale reale, “un mucchio de fregnacce”, definizione dovuta e giustificata dalla localizzazione del mio computer che in quel momento storico condivideva con me il gelato fritto nella rete internet della capitale e quindi mi sembra giusto dargli il meritato compenso per il lavoro svolto, eccellente.
Molto meno e poco serio il lavoro di chi sostiene che fare una diretta televisiva su risultati e sondaggi elettorali, “è un gioco” e va fatto ridendo, arrivando successivamente a lamentarsi con chi, nelle dirette televisive nazionali, non dà informazioni sulle percentuali di Taranto. Me lo vedo a malapena Mentana che interrompe il collegamento con D’alema in diretta da Montecitorio, che finalmente dopo tanto tempo amoreggia con Vendola, per annunciare che il “gianduia” sta sfiorando il 20% e rischia di andare al ballottaggio col “crème caramel” che a sua volta non sfonda il 50% e non vincerà al primo turno […] è tutto accaduto davvero in diretta nelle televisioni dei tarantini.
Nella speranza e nell’attesa che un giorno, parlando della politica tarantina, si possa parlare in maniera seria, la stessa notte politica elettorale ho sognato che il piccolo paesino di Bolognetta fosse un quartiere di Taranto a metà strada tra Tamburi e PaoloVI. Si certo, Bolognetta che nella realtà conta 4000 abitanti arroccati sulle colline a 20 km a sud di Palermo. Quel sogno poteva cambiare le sorti elettorali di Taranto, forse non modificando le percentuali, ma portando le discussioni ed i dialoghi politici sicuramente ad un livello più elevato, altro che “c’è gigi? e la cremeria?” Quel quartiere nuovo avrebbe mosso le coscienze di molti, avrebbe fatto parlare in maniera più seria i mezzi di informazione locale, avrebbe portano in città un dubbio sano per ogni elettore.
Sergio Guttilla, cittadino e giovane scout di Bolognetta, balza alle cronache nazionali dal giorno alla notte, e non per suo volere o per mania da gelataio, per molto meno. Ha denunciato il “fare mafioso” che era, e forse ancora lo è, protagonista della politica del suo paese, senza avere la pretesa che le cose possano cambiare da un giorno all’altro o come accade in un sogno di primavera.
Sergio mi spiega che nel suo paese il voto funziona così. Ogni famiglia assicura un certo pacchetto di voti e chi gestisce le liste elettorali le correda di candidati rappresentanti di queste famiglie e che nella lista fanno convogliare i voti. In questo modo, ci spiega, la qualità della politica, e quindi del politico eletto, si abbassa e degrada molto, l’elettore diventa un burattino che vota quello che gli hanno detto di votare. Succede quindi che Sergio pensa formare un gruppo con i giovani del suo paese, alcuni dei quali appartenenti al gruppo scout, un gruppo che deve cercare di “gettare dei sassi e smuovere le acque torbide”
Questo gruppo non è un partito politico né prende direzioni politiche di alcune delle liste o dei singoli candidati di Bolognetta, il gruppo è l’espressione di tutti quei temi e valori che ci accomunano anche se siamo di pensieri e di estrazioni culturali diversi, comunica idee e pensieri attraverso modi originali che possano in qualche modo stimolare la riflessione e la coscienza, il gruppo è schierato a difendere i valori della legalità e della buona amministrazione contro gli atti illeciti e le ingerenze di chi vuole assoggettare il potere libero del cittadino al voto segreto e cosciente, il gruppo non è “di proprietà” degli attivisti ma è aperto a tutti coloro che attivamente o, nel segreto della cabina elettorale, vogliono essere liberi nella scelta, autonomi nel pensare e indipendenti nell’utilizzare quell’unica arma che ci rende sovrani: la matita che serve per votare. Il gruppo si chiama “LA RIVOLUZIONE DELLE MATITE”.
“La rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello”. (Paolo Borsellino)
Fanno un gruppo, adottano il pensiero di Borsellino, escono allo scoperto in paese ed il risultato quale può essere? BUUUUMMMM
Sergio riceve una telefonata, qualcuno lo minaccia dicendogli che gli spezzano le gambe riducendolo a stare su una sedia a rotelle. Quello che hanno fatto è stato semplicemente comunicare alla gente di Bolognetta di votare con coscienza ignorando le indicazioni di voto delle famiglie. Lo hanno fatto con quelle che loro chiamano “action”. Hanno tappezzato le porte delle case con volantini, hanno messo sagome di cartone sui balconi, sulle ringhiere delle piazze, scrivendo frasi con messaggi ben chiari. Alcune di queste recitano “Io non voto quello che dice mio zio ma voto quello che dico io” o “chi vota i parenti spesso se ne pente”. Frasi che hanno avuto sicuramente più effetto nelle action perché scritte in dialetto siciliano.
Qualcuno si era accorto che i  sassi nell’acqua torbida stavano smuovendo davvero le cose. Le minacce a Sergio hanno però provocato ancora più movimento in paese, un movimento che a Bolognetta non si era mai visto. Il gruppo de “LA RIVOLUZIONE DELLE MATITE” organizza una marcia di solidarietà che raccoglie un’adesione eccezionale anche dai paesi vicini, e per quanto riguarda le minacce si allestisce un cartellone con su scritto “PER LE MINACCE RIVOLGERSI A…” dove ognuno scrive il proprio nome e cognome. La solidarietà arriva anche dal sacerdote della parrocchia, don Giuseppe Graziano che celebra Messa con una matita sull’orecchio.
Infine i risultati elettorali. Alcuni candidati dicono che nel voto è successo qualcosa di imprevedibile, c’è stata una rivoluzione, il voto non è coinciso con il pacchetto dei voti familiari, la gente ha promesso il voto ma in cabina elettorale non eseguito l’ordine e ha disatteso e scardinato il “sistema”.
A Sergio ho chiesto il significato della paura che per lui non ha una definizione precisa ma, mi dice, che sa benissimo di essersi accorto che la stessa sfuma quando hai intorno persone che ti dimostrano solidarietà ma  ti assale quando ti senti solo e se lo sei davvero  intorno ti si crea il vuoto. Ne approfitta per lanciare un appello allo stato, alle istituzioni, lo ha fatto sulle radio e sulla stampa nazionale dicendo che lo stato non deve abbandonare la gente, non deve farli sentire soli, perché da soli non denunceranno mai.
Ma la mafia non esiste,  ”…ma unnè stà maaafia” dicevano decenni fa a Palermo, a Cinisi e nelle piazze roventi dei paesi siciliani con le persiane chiuse che ascoltano e osservano. Venti anni sono passati dalle stragi che provocarono la morte di Falcone, Borsellino e degli uomini della loro scorta, loro da quelle frasi in bianco e nero hanno fatto tanta strada e sono passati ai colori, la loro coscienza è scossa da tempo e si è già mossa. Quando ho citato a Sergio il titolo di questo articolo accennandogli che non sarebbe stato solo il semplice racconto su quello che gli è accaduto ma anche un esempio da seguire per la decaduta oreficeria della Magna Grecia, mi risponde immediatamente “eheheh… se vuoi cambio residenza”. Ed allora il sogno di Bolognetta, quartiere tra il Tamburi e PaoloVI ma anche tra Solito Corvisea e Salinella sino alla litoranea, potrebbe diventare realtà, solo allora i tarantini potrebbero iniziare a prendere il voto politico un po’ più sul serio, non commentandolo più al bar tra una scommessa sportiva ed un’altra, andando un tantino più in là de “il tuo partito ha perso quindi ti devi vergognare e tornare a casa” ed ammettendo che il sistema mafioso politico è ben radicato anche a Taranto sino a divenire una cosa “normale” che percepiamo come lecita e difendibile, un sistema da proteggere alla prima critica, specie se la critica viene fatta dai forestieri o da chi, anche se tarantino, ha voluto lasciare la città, come si permettono? Che stessero alle loro case!!!
L’Unità, 13 maggio 2012

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