domenica, febbraio 12, 2012

Massimo Costa, Davide Faraone e Fabrizio Ferrandelli: la Palermo del futuro?

Costa, Faraone e Ferrandelli

Massimo Costa, Davide Faraone e Fabrizio Ferrandelli: sono loro i candidati della nouvelle vague palermitana, un’avanguardia che potrebbe contagiare partiti, liste civiche e movimenti alle prossime amministrative siciliane. Aspirano alla poltrona di sindaci del capoluogo siciliano, un ruolo che fa tremare i polsi e che personaggi con il pelo sullo stomaco descrivono come l’Indianapolis della pubblica amministrazione: città allo sfascio, profondo rosso il bilancio, aziende municipale e partecipate allo stremo e vicine al fallimento.


Ma loro non arretrano di un passo, anzi sono persuasi di potere affrontare la prova senza danni ed ottenere risultati. Non si sentono salvatori della patria, ma poco ci manca. D’altra parte, senza questo spirito, non potrebbero nemmeno avvicinarsi al Palazzo. Gettano il cuore oltre l’ostacolo e, per intanto, si muovono con la grinta e la determinazione di chi ha esperienza e corteccia dura.
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Se non ce la facessero nessuno dei tre, e può accadere, la loro avventura lascerebbe il segno: non è mai capitato infatti a Palermo, forse in Sicilia, che a contendersi la poltrona più ambita della città fossero tre trentenni. ?Come sono arrivati alla soglia di Palazzo delle Aquile? ?I partiti hanno capito che puntare sui giovani può tradursi in vantaggio, sanno che la loro credibilità ha raggiunto minimi storici e sono convinti che offrire all’opinione pubblica facce nuove sia un buon viatico per ottenere considerazione ed attenzione. ??

Davide Faraone ha preso una lunga rincorsa, è da mesi che propone il suo nome come candidato, usa la rete, i social network, i giornali online, uno staff di giovani, ma arrivato al dunque, si è rivolto a Giorgio Gori, guru della comunicazione, si fa seguire da Matteo Renzi, il sindaco di Firenze e investe sulla pubblicità tradizionale nei giornali cartacei.

L’establishment del Pd non lo ama, perché lui non ama l’establishment. Nelle sue incessanti “uscite” – un fiume di comunicati, note d’agenzia, piccoli e grandi eventi – ha dedicato agli errori dei dirigenti democratici grande attenzione. Non si è fatto molti amici fra coloro che contano, ma è grazie al fatto che si è messo di traverso, con denunce, accuse, addebiti variopinti che ha guadagnato visibilità.

Davide Faraone, dicono i suoi amici, si è fatto da sé e è convinto che non può contare che sulle sue sue gambe e la sua testa.

Massimo Costa amministra lo sport regionale e le sue relazioni politiche con nonchalance. È abituato a stare in prima fila e, a quanto si legge su Repubblica, fra le sue aspirazioni c’è quella di diventare capo dello Stato (un tema in classe in età adolescenziale).?Ha frequentato ambienti cattolici, uomini politici di centrodestra. Francesco Cascio, il presidente dell’Ars, e Fabio Granata, al vertice del Fli, gli hanno dato fiducia e sono oggi i suoi estimatori più illustri.?Nonostante abbia compiuto ogni passo grazie alla politica, può affermare senza smentite di non essere entrato dentro le stanze dei bottoni né di avere “fatto politica”. Un grand commis in sedicesimo. ?È rampante? Quel tanto che basta, secondo alcuni. Ha modi gentili, è diligente e di buona compagnia. Figlio del secolo, il giudizio è unanime. Con un fiuto straordinario nello stare nel posto giusto al momento giusto. ?Comunicando la sua candidatura, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, il segretario nazionale del’Udc, Lorenzo Cesa e Fabio Granata non riuscivano a nascondere la loro contentezza, come se avessero preso Trento e Trieste.

Lombardo, addirittura, pronostica una sicura vittoria. Di sicuro, pronostica uno psicodramma all’interno del Pdl, dove Massimo Costa è stato “ubicato” da sempre. ?Tutti si chiedono com’è che alla fine sia stato il Terzo Polo, fino a ieri spiazzatissimo, stretto in una morsa da centrodestra e centrosinistra, a “rubarlo” alle sue antiche amicizie e ai suoi ambienti politici. È per ora, un mistero.?

Fabrizio Ferrandelli, infine. Nato e cresciuto nell’Italia dei Valori, deve ai movimenti palermitani, alla società civile la sua candidatura. A credere in lui due personaggi di grande carisma e popolarità a Palermo: l’ex direttore del Centro Arrupe di Palermo, il gesuita padre Gianni Notari, e il professore di filosofia, cabarettista celeberrimo, Gianni Nanfa. Il partito nel quale ha militato, l’Idv, tuttavia, non è stato dalla sua parte: il gruppo dirigente ha preferito Leoluca Orlando e questo ha creato forti dissapori con i dipietristi, che hanno fatto un passo indietro a favore di Rita Borsellino. ?

Quando una larga area del Partito Democratico lo ha scelto come candidato alle primarie, Fabrizio Ferrandelli non ha declinato l’invito. C’è chi non ha gradito, chi ha sopportato di malavoglia e chi, invece, ha ceduto che stesse facendo la cosa giusta. Lui giura di non avere tradito niente e nessuno, resta il candidato del polo civico.

Che cosa hanno in comune i tre “picciotti” che partecipano alla competizione elettorale più ambita? La tenacia, la determinazione, la grinta, la capacità di stare dentro un partito rimanendone fuori. Sono l’icona, in definitiva, della transizione: né organici, né esterni, ma un poco l’uno e un poco l’altro, in modo da essere se stessi.  
SiciliaInfiormazioni, 12.2.2012

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