venerdì, gennaio 13, 2012

Come e perché l’Italia addestra gli afgani alla guerra

di Antonio Mazzeo
Mai così tanti i militari italiani in missione di guerra in Afghanistan. Quattromila 210 e solo a metà anno i primi uomini faranno rientro a casa. Per completare il ritiro del contingente nazionale, secondo il ministro della Difesa Di Paola, bisognerà attendere invece la fine del 2014. Un conflitto in nome degli interessi geostrategici delle transnazionali dell’energia, per cui è stato versato un alto tributo in vite umane: per il sito della Camera dei Deputati sono già 42 i militari caduti in territorio afgano “di cui 28 in seguito ad attentati o conflitti armati”. Top secret il numero di feriti e traumatizzati, ma sarebbero centinaia.
Dal primo gennaio 2002 al dicembre del 2011, dispiegamenti di reparti, caccia, elicotteri e tank, blitz e bombardamenti aerei, esercitazioni a fuoco hanno comportato una spesa per i contribuenti italiani di circa 3 miliardi e 800 milioni di euro. E le operazioni tricolori in Afghanistan assorbiranno più della metà delle spese previste per pagare le missioni all’estero nel 2012 (complessivamente 1,4 miliardi di euro).

“A Kabul il nostro contingente opera nell’ambito del Quartier Generale di ISAF, della NATO Training Mission - Afghanistan e di Italfor Kabul con circa 210 uomini mentre ad Herat siamo presenti con circa 4.000 uomini, principalmente appartenenti alla Brigata paracadutisti Folgore”, spiegano i portavoce dello Stato maggiore della difesa. “Per le esigenze connesse con le missioni in Afghanistan  ed in Iraq, inoltre, ci sono 125 persone tra Al Bateen, Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), dove sono dislocati alcuni velivoli che assicurano il sostegno logistico, a Tampa (Stati Uniti d’America) presso il Comando USA dell’intera operazione e in Bahrein quale personale di collegamento con le forze USA”. Nel teatro di guerra afgano, il contingente dispone dei più moderni sistemi d’attacco, batterie missilistiche, bombardieri, elicotteri, aerei da trasporto, velivoli per missioni di sorveglianza e ricognizione. La componente aerea è stata rafforzata a partire del 2007 con l’arrivo dei caccia AMX, dei velivoli senza pilota “Predator” e degli elicotteri d’attacco A129 “Mangusta”. Oltre una trentina sono i velivoli schierati ad Herat, il terzo contribuito aeronautico alleato in Afghanistan dopo USA e Gran Bretagna.
“ISAF – spiega il Ministero della difesa - ha il compito di condurre operazioni militari secondo il mandato ricevuto, in cooperazione e coordinazione con le forze di sicurezza afgane ed in coordinamento con le forze della Coalizione, al fine di assistere il Governo afgano nel mantenimento della sicurezza, favorire lo sviluppo delle strutture, estendere il controllo su tutto il Paese ed assistere gli sforzi umanitari e di ricostruzione”. In vista del progressivo sganciamento dall’Afghanistan, gli alleati stanno operando per “incrementare le capacità, l’autonomia e le competenze” delle ricostituite forze armate locali. L’Italia ha assunto un ruolo centrale nelle attività di formazione e addestramento dell’esercito (ANA) e della polizia (ANP) afgani, un impegno oneroso dal punto di vista organizzativo e finanziario e che presuppone pure il loro accompagnamento materiale in vere e proprie azioni di combattimento. L’esercito italiano impiega sul campo i cosiddetti OMLT (Operational Mentoring Liason Teams), team composti da 20-30 consiglieri ed addestratori “a livello di Corpo d’Armata, di Brigata e di Kandak(battaglione)”. I cicli addestrativi hanno una durata di almeno sei mesi e spaziano dalle procedure tecnico-tattiche di fanteria, all’uso di armi leggere e pesanti, ecc. Nel 2008, si è pure tenuto un lungo addestramento sulle tecniche di “ambientamento e movimento in montagna”, destinato all’Afghan National Army, articolatosi in lezioni teoriche a Camp Invicta, sede del contingente italiano a Kabul e in attività pratiche in Italia, presso il 6° reggimento Alpini di Brunico (Bolzano).
La formazione di piloti e tecnici dell’Afghan Air Force viene effettuata invece nella base aerea di Shindand da personale dell’Aeronautica militare. Per i training, avviati il 2 novembre 2010, sono a disposizione due gruppi di consiglieri-addestratori accanto ai militari afgani destinati alla guida degli elicotteri Mi.17 di fabbricazione russa. Gli italiani hanno pure istituito corsi di specializzazione nel campo delle comunicazioni radio e radar, della gestione delle reti e depositi POL (petrolio, olio e lubrificanti), della manutenzione e del rifornimento dei velivoli, del supporto medico, ecc.. I voli addestrativi vengono svolti in cooperazione con l’Aeronautica militare ungherese che utilizza da diversi anni la stessa tipologia di elicotteri e con l’838th Air Expeditionary Advisory Group (AEAG) delle forze aeree degli Stati Uniti.
Ad Alenia North America, società controllata da Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica), è stata affidata la formazione dei piloti e del personale addetto alla manutenzione dei velivoli da trasporto tattico C-27/G.222, la cui consegna all’aeronautica afgana è in fase di completamento da parte di US Air Force. Il contratto, del valore di oltre 4 milioni di dollari, prevede un anno di lezioni teoriche, la formazione pratica e l’addestramento in volo nello stabilimento Alenia di Napoli-Capodichino dei piloti afgani e degli advisor statunitensi che sono poi inviati a Kabul per operare con il personale dell’Afganistan National Army Air Corps (ANAAC). Nell’ottobre 2008, Alenia North America era stata protagonista di una strana triangolazione Italia - Stati Uniti – Afghanistan: la società aveva venduto ad US Air Force diciotto aerei da trasporto G.222 (già in uso all’aeronautica militare italiana), che dopo essere stati riammodernati erano stati trasferiti alle forze aeree  afgane.
Imponente anche l’impegno addestrativo degli italiani a favore delle forze di polizia. Ad Adraskan ed Herat due team di carabinieri provenienti dall’organizzazione Territoriale dell’Arma e dai paracadutisti del 1° Reggimento “Tuscania” contribuiscono alla formazione di alcune unità del Comando Regionale dell’Afghan Uniform Police e dell’Afghan National Civil Order Police.
Militari dell’Arma e della Guardia di finanza partecipano anche alla missione di polizia “Eupol Afghanistan” dell’Unione Europea, nell’ambito dell’iniziativa di Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD). La missione, iniziata il 15 giugno 2007, ha lo scopo di “sviluppare le attività di training, advising e mentoring del personale afgano destinato alla Polizia nazionale e alla Polizia di frontiera”. Grazie a un accordo bilaterale Italia-Afghanistan, carabinieri e fiamme gialle sono pure impegnati ad Herat nell’addestramento della polizia di frontiera e doganale, collaborando con il personale USA del Combined Security Transition Command Afghanistan (CSTC-A). Sempre ad Herat, Il Ministero della difesa italiano ha recentemente contribuito con 100.000 euro alla realizzazione di una nuova stazione della polizia afgana.
Un colonnello del 3° Reggimento Bersaglieri è alla guida del PRT - Provincial Reconstruction Team che ha il “compito di supporto alla governance e di sostenere il processo di ricostruzione e sviluppo”, congiuntamente ad una componente civile rappresentata da un Consigliere del Ministero Affari esteri. La struttura controlla e gestisce buona parte degli interventi in Afghanistan finanziati con denaro della Cooperazione allo sviluppo. Negli ultimi cinque anni, PRT dichiara di aver costruito nel distretto di Herat “scuole, ospedali, carceri, strade e ponti” per il valore complessivo di 30 milioni di euro, 5,6 dei quali nel solo 2011. Entro la fine di gennaio sarà completata la prima tranche dei lavori di ampliamento del terminal del locale aeroporto (250.000 euro). Per lo scalo di Herat, i progettisti del Provincial Recontruction Team hanno predisposto un masterplan del valore di oltre 137 milioni di euro per realizzare un nuovo terminal, piste aeree e opere viarie di collegamento. Lo scorso 17 dicembre, il programma è stato presentato alle autorità nazionali afgane dall’ex ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, neo-rappresentante dell’esecutivo Monti per lo “sviluppo economico dell’Afghanistan e del’Iraq”.
Dal 2001 al 31 dicembre 2010, la Cooperazione italiana ha erogato 516 milioni di euro per finanziare “iniziative bilaterali e multilaterali” nel “settore infrastrutturale e degli aiuti umanitari” (103 milioni solo per il collegamento stradale Bamyan-Maidan Shar). Ventinove i milioni stanziati lo scorso anno per “progetti nel settore della governance, dello sviluppo rurale e agricolo e delle infrastrutture stradali”. L’Afghanistan è proprio la gallina d’oro di mercanti d’ami e grandi società di costruzioni. Nel 2012 potrebbero partire i lavori di ristrutturazione della strada Herat–Chishet Sharif. Prima beneficiaria, spiega Il Sole24Ore, la grande cava di proprietà del magnate statunitense Adam Doost (alla guida dell’American Chamber in Afghanistan), “che di recente ha chiuso un accordo di partnership con la Margraf di Vicenza per commercializzare in Italia e in Europa blocchi di marmo inizialmente per 5 milioni di dollari”. La guerra in Afghanistan si combatte per il gas e il petrolio ma anche in nome e per conto dei pescecani dei mercati finanziari planetari.

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