sabato, dicembre 31, 2011

Che sperare per l'anno che verrà?

di DINO PATERNOSTRO
Che sperare per l’anno che verrà, per il 2012? Intanto, che gli umani imparino veramente ad essere tali, attingendo alla fonte della loro umanità e tirandone fuori tutto il meglio che vi trovano dentro. Cioè, amore, solidarietà, giustizia, comprensione, condivisione. Si tratta di un ragionamento astratto e “buonista”? Può darsi. Ma la storia dimostra che proprio gli uomini – quando l’hanno davvero voluto – sono stati capaci di tirare fuori e praticare questi valori. La speranza è che lo facciano nuovamente adesso, subito, prima che sia troppo tardi. Questo vale per tutte le donne e per tutti gli uomini del mondo. E quindi anche per l’Italia, la Sicilia, Corleone. Questo nostro “piccolo”mondo ha bisogno di pace sociale e di concordia politica. Solo così si potrà produrre quello sforzo necessario per uscire da una crisi, che è economica e finanziaria, ma anche etica e politica. Ovviamente, pace sociale e concordia politica non possono significare assenza di conflitti, ma capacità di trovare nuove armonie, di fare nuove sintesi e di produrre sforzi sinergici. È questo che dovrebbero saper fare gli operatori economici e finanziari, le forze politiche e le grandi organizzazioni sociali, stimolando, così, lo spirito di emulazione dei cittadini.
È realistico nutrire simili speranze? No, non lo è affatto. Ma ognuno di noi ha il diritto-dovere di coltivare l’utopia, che (ormai lo sappiamo) non è l’impossibile, ma l’impossibile di oggi e il possibile di domani. Per “domani”, allora, dobbiamo coltivare tante speranze (ed operare per renderle concrete). La speranza, per esempio, che la Sicilia non sia più terra di conquista, presenza “a perdere” nel Mediterraneo, ma “ponte” positivo e fecondo tra Nord e Sud del Mondo, tra Europa e Nord-Africa. Che la Sicilia non sia più terra di alchimie e di tatticismi esasperati tra le forze politiche e all’interno di ciascuna di esse, ma terra di confronto serio sulle strategie da mettere in atto per fronteggiare la crisi e creare lavoro e sviluppo. Lavoro e sviluppo produttivo, non fittiziamente tale. Che la Sicilia non sia più terra di patti scellerati tra mafia, politica ed economia, ma una terra libera dai soprusi, dalle violenze e dal sangue. Libera dalla mafia e dalla cattiva politica.
Ciò vale anche (e a maggior ragione per noi che ci viviamo) per la nostra Corleone e per i comuni della zona, con i quali costituiamo ormai una “grande città”. È tempo di mettere in campo una strategia territoriale per fronteggiare le emergenze e costruire sviluppo e lavoro nella legalità. Non siamo all’anno zero, ma bisogna imboccare decisamente questa strada. Senza se e senza ma, come si usa dire oggi. Basta, allora, alle politiche di piccolo cabotaggio, ai meschini clientelismi, alle scelte asfittiche, che umiliano le persone e i cittadini, stimolandone lo spirito di dipendenza, piuttosto che lo spirito di autonomia e di rinascita. Non è svendendo l’acquedotto cittadino e l’acqua pubblica per “sistemare” qualche amico e qualche parente, che si costruisce una Corleone degna del titolo di “Città”, recentemente ri-conosciutoci dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non è disperdendo in una sola “notte bianca” (o nera?) 150 mila euro, che si promuove il divertimento e lo sviluppo di una comunità. E nemmeno “bruciando” 60 mila euro per un’estate insignificante, “significativa” solo per qualche associazione “amica” di qualche amministratore comunale, che così guadagna qualche migliaio di euro. E, infine, non è sproloquiando ogni giorno contro la mafia e praticando ogni minuto clientelismi (piccoli e meschini) che Corleone potrà essere davvero “città della legalità”
Corleone ha bisogno di ben altro e merita di più. Ha bisogno di dare e ricevere fiducia in Italia e nel Mondo. Ma “l’operazione fiducia” per riuscire deve fondarsi su uno sforzo serio e concreto di valorizzazione delle nostre risorse umane e materiali. Senza appartenenze asfittiche, ma col coinvolgimento di tutte le persone serie, oneste ed animate da buona volontà. Molte di queste persone – i nostri giovani! – sono disoccupate senza speranze o “emigrati” nel Nord Italia e in Europa. Bisogna dare possibilità concrete di lavoro ai primi (non la miserabile e la non mantenibile “promessa” del posto) e l’opportunità di ritorno agli altri, molti dei quali sono “cervelli” di cui abbiamo enormemente bisogno per produrre sviluppo e servizi di qualità.

La campagna, i pascoli e i boschi (insomma, la nostra l’agricoltura) non devono essere un problema, ma la risorsa su cui puntare. Altro che città a prevalente vocazione turistica! Corleone è una città a prevalente vocazione agricola. Chi dice il contrario (se non è scemo), nasconde chissà quali intenti speculativi. L’agricoltura (nel bene e nel male) è stata il nostro passato e sarà il nostro futuro. Ma perché il futuro sia migliore del passato, bisogna puntare su un’agricoltura produttiva, che non svenda allo speculatore di passaggio i suoi (ottimi) prodotti, ma li trasformi e li metta sul mercato con un valore aggiunto enormemente moltiplicato. Dobbiamo produrre, ma non dobbiamo più vendere grano, ma farina, pane, pasta e dolci. Dobbiamo produrre, ma non dobbiamo più vendere l’uva, ma il vino (preferibilmente in bottiglia). Non dobbiamo più (s)vendere il nostro pomodoro, ma trasformarlo in passata, in pelato, in conserva. Non dobbiamo più (s)vendere il latte, ma trasformarlo e sperimentare – magari – una centrale del latte fresco, al servizio di Palermo e della sua provincia. Esistono già esperienze positive in questo senso. Alcune nostre aziende private hanno conquistato importanti nicchie di mercato. Le cooperative che lavorano sui terreni confiscati, ormai producono e distribuiscono sul mercato nazionale ottimi prodotti, che hanno in più la vitamina “L” della Legalità. Il pastificio della coop “Rinascita Corleonese” sta dimostrando che si può essere antichi e moderni: ritornare all’antica cooperazione “inventata” da un apostolo del socialismo rurale come Bernardino Verro, ed inserirsi nel mercato con ottimi prodotti, capaci di accorciare la filiera economica e rafforzare la filiera etica. Ed indicare, così, che può esistere un modo nuovo e diverso di creare lavoro e sviluppo.
Sono soltanto alcune idee, buttate giù alla rinfusa, l’ultimo giorno dell’anno, per mantenere vivo il dialogo con i nostri lettori ed indicare una strada su cui operare. In questo modo, però, vogliamo dare l’idea del livello di confronto tra le forze politiche e sociali che vorremmo si realizzasse nella nostra città e nel nostro territorio. Infatti, ci appassiona poco il toto-sindaco di queste settimane, che precedono le elezioni amministrative della primavera prossima. Più interessante è ragionare sulle cose da fare, sui programmi da realizzare, sulla coesione sociale da sviluppare, sulla fiducia da costruire. Buon 2012, Mondo! Buon 2012, Italia! Buon 2012, Sicilia! E, infine, buon 2012, Corleone, perché ne hai davvero bisogno!
Dino Paternostro

1 commento:

Anonimo ha detto...

caro direttore i suoi proposiri sono davvero a dir poco un'allucinazione,, guardando gli amministratori corleonesi lei e tutti dobbiamo ritornare alla reltà al clientelismo alla trasparenza dei loro atti ai contributi date ad associazioni o a presta nomi , per poi ritornare nelle tsche di questo o quell'assessore che magari ha firmato la delibera,,,, per poi non dimenticare l'inefficienza in tutti i settori, la mancanza di progetti di lavoro, la mancanza di progetti per i giovani , la mancanza di interesse per il nostro paese, mancanza di sport, solo contributi....... vedi le associazioni sportive vicine all'assesore allo sport che di trasparenza se nè intende ( u scieccù u purto e u scieccù sà mangio ) ecco il suo motto anche se l'asino è qualche suo amico compiacente che cede volentieri un pò di biada al povero assessore, per poi non parlare del sindaco anch'esso trasparente molto rispettoso della famiglia e dei parenti ecccc........... buon 2012 ...... e che sia un'anno migliore senza questi politici corrotti. G.A.