giovedì, aprile 14, 2011

La favola del processo breve

Gian Carlo Caselli
di Gian Carlo Caselli
Perché ormai ce le beviamo tutte con allegria. Da tempo, infatti, ci prendono in giro e siamo contenti. Ci ingannano e godiamo. Cadere in trappola ci inebria. Formule come “riforma (epocale) della giustizia” e “processo breve” sono né più né meno che ipocrisie degne della peggior propaganda ingannevole. Se le parole avessero ancora un senso, e non fossero usate come conigli estratti da un cilindro, sarebbe chiaro che di riforma della giustizia si potrebbe parlare soltanto se si facesse qualcosa per accelerare la conclusione dei processi. Ma se non si fa niente in questa direzione, parlare a vanvera di riforma della giustizia equivale a sollevare spesse cortine fumogene intorno al vero obiettivo: che è quello di mettere la magistratura al guinzaglio della maggioranza politica del momento (oggi, domani e dopodomani), buttando nella spazzatura ogni prospettiva di legge uguale per tutti. Noi italiani siamo convinti di essere molto furbi. Più furbi degli altri e orgogliosi di ciò. Non c’è barzelletta che abbia come protagonisti, per dire, un francese, un tedesco e un italiano che non ci veda prevalere alla grande. Ma forse siamo cambiati.
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