venerdì, dicembre 24, 2010

Il politico e il ragazzo rumeno. Uno vende i voti. L'altro piglia le luparate


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Da Barcellona Pozzo di Gotto - ridente cittadina tirrenica, ad alto tasso mafioso - sono giunti alle cronache due nomi. Uno, a modo suo famosissimo, è Domenico Scilipoti, l'ultimo Giuda di quel povero cristo di Di Pietro e anche, indirettamente, di noi tutti. Pagine e pagine ha avuto, dai giornalisti di palazzo: ha esternato in tv le sue ragioni, ostentando disprezzo per quei trenta denari. L'altro nome è quello di un ragazzo rumeno di vent'anni, tale Petre Ciurar. Stava in una baracca lungo la ferrovia, con la moglie e un bambino di nove mesi, una di quelle baracche che periodicamente i barcellonesi più attenti alla politica nazionale vanno a incendiare con la benzina. Stavolta niente fiaccole, ma colpi di pistola e lupara: Petre è morto così (era in Italia da un mese: che “sgarro” aveva potuto commettere nel frattempo?), la donna è rimasta lievemente ferita e il piccolo, chissà come, del tutto illeso. I carabinieri indagano, non escludono mafia, ma più che altro pensano a un atto di “semplice” razzismo. La notizia è stata data dal corrispondente del giornale locale - non l'ha ripresa nessuno -, il giorno dopo è arrivata la notiziola (più breve) dell'autopsia, e poi non se n'è parlato più. Tutto questo è successo più o meno negli stessi giorni, e forse a pochi chilometri di distanza, in cui il buon Scilipoti faceva alta politica col governo. Ecco, di questo parliamo quando parliamo di questi giorni. Puoi morire così, a luparate e in silenzio, come un sindacalista anni Cinquanta, se sei un rumeno. Certo, c'è stata violenza quel giorno a Roma. Vetrine rotte, sassi gettati e altri atti sciocchi. Ma molta di più ce n'è stata, in quei giorni, a Barcellona. Quella contro Ciurar, sottouomo rumeno, senza diritti. E quella contro di me, cittadino italiano, con diritti, la cui volontà elettorale è stata venduta e comprata da Scilipoti e Berlusconi. Di questo stiamo parlando quando parliamo di cosa fare. La violenza è pesante, la violenza dilaga, non son tempi normali. Chi ammazzeranno, il prossimo? Sarà un altro zingaro, o un negro? Che cosa mi ruberanno, la prossima volta? Già comprano e vendono i voti, già non mi fanno votare.
Io i sassi miei a suo tempo li ho gettati (ma ero in compagnia ottima: Peppino Impastato, Rostagno) e ho le idee chiarissime su quando servire possono e quando sono solo uno sfogo. Adesso, con tutto il rispetto, non servivano. Non credo che ci vogliano gran prediche, neanche fatte da me che pure sono fra i più credibili perché non ho una lira in tasca. Credo che dobbiamo invece ragionare seriamente su come si sta in piazza nel 2010 - in questa che, per noi bianchi, non è una società repressiva ma una società dell'imbroglio - non per “moderarsi”, per fare i bravi ragazzi, ma proprio per fare danno, per togliere consenso e forza al Berlusconi di adesso e ai berluschini che seguiranno subito dopo. Hutter, sul blog del Fatto, ha detto delle cose serie. Serie perché dette da Hutter, che non è un fighetto da dibattito ma uno che, ai tempi suoi e miei, ha affrontato i poliziotti cileni di Pinochet.
Riccardo Orioles
Catena di San Libero n. 391 22 dicembre 2010

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