mercoledì, settembre 15, 2010

Sparare si può? «Pensavano fossero migranti».


Il pescherecchio "Ariete"

 di Ugo De Giovannangeli
«Io immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave di clandestini». Parola di Roberto Maroni, ministro dell’Interno della Repubblica italiana. Parole incredibili. Parole agghiaccianti. L’«immaginazione» del titolare del Viminale rimanda a scenari inquietanti. A non detti terrificanti: hanno scambiato il peschereccio (italiano) per una nave con clandestini. Domanda: signor ministro, ma su una nave di clandestini è lecito, giustificabile, sparare mitragliate ad altezza d’uomo? E farlo usando motovedette regalate dall’Italia al «Gendarme del Mediterraneo», al secolo Muammar Gheddafi? Domande che restano senza risposta. Per il Governo italiano gli spari contro il peschereccio «Ariete» sono da considerare un «incidente».
SOLO UN INCIDENTE
«Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più, quello che è successo l’altro ieri sera (domenica, ndr) è un fatto che non doveva accadere e la Libia si è scusata», ripete Maroni a Mattino5. Un incidente... Ben diversa è la valutazione della Procura di Agrigento. Danneggiamento di navi e tentativo di omicidio plurimo aggravato: sono i reati ipotizzati, contro ignoti, dalla Procura della Repubblica di Agrigento che coordina l’inchiesta sul motopesca «Ariete» mitragliato da una motovedetta libica sulla quale erano presenti anche alcuni militari italiani come osservatori. Titolari dell’inchiesta sono il procuratore capo Renato Di Natale, l’aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta.
IL CAPITANO CONTRATTACCA
«Era evidente chi fossimo: dei pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell’attacco». Gaspare Marrone, il capitano dell’«Ariete», conferma la sua versione di fatti. E rifiuta l’ipotesi dell’«equivoco» avanzata da Maroni. «Non so perché il ministro dica queste cose - spiega - ma tutto si può affermare tranne che sia stato un incidente. Nè è possibile sostenere che ci abbiano scambiati per clandestini. Hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci». Il comandante Marrone torna su quei momenti drammatici: «Ho parlato col comandante che mi ha chiesto di fermarmi . L’italiano mi ha detto che se non mi fossi fermato, mi avrebbero sparato addosso. Parlava italiano meglio di me», racconta Marrone, riferendo che l’uomo «si era presentato come guardia costiera o di finanza libica, non ricordo bene. C'era agitazione». «Potevano controllarmi, ma dopo 5 minuti invece hanno cominciato a sparare e io sono sceso giù. C’era il pilota automatico, sparavano ad altezza d'uomo».
«Un peschereccio italiano che viene mitragliato da una motovedetta donata alla Libia dal governo italiano e che a bordo aveva militari italiani della Guardia di Finanza è certamente un caso anomalo», sottolinea Vincenzo Asaro, armatore del peschereccio mazarese. «Il mio rammarico - dice Asaro - è che si è sparato ugualmente nonostante la presenza sulla motovedetta libica dei militari italiani». L’armatore non nasconde stupore e amarezza per le dichiarazioni del ministro Maroni che ha definito un «incidente» la vicenda: «Se i colpi di mitragliatrice avessero perforato la bombola del gas e fossero saltati tutti in aria - si chiede - che sarebbe accaduto? Si sarebbe sempre parlato di incidente? Non posso entrare nel merito di quello che ha dichiarato il ministro perché non mi compete, ma sa perché i comandanti dei nostri pescherecci non si fermano all’alt dei libici? Una volta in Libia confiscano la barca e mettono in carcere l’equipaggio».
A dar man forte al suo collega di governo, scende in campo Franco Frattini. Il comandante del peschereccio “Ariete” «sapeva di pescare illegalmente», sentenzia il titolare della Farnesina. «Le regole di ingaggio - puntualizza però il ministro degli Esteri - devono essere chiare. La regola di non sparare è assoluta ed evidente per le forze italiane». E per quelle libiche, signor ministro?
L'Unità, 15 settembre 2010

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