martedì, agosto 24, 2010

Dietro le minacce ai tre agenti della Catturandi c'è l'ombra di Messina Denaro

Agenti della Catturandi di Palermo
di SALVO PALAZZOLO
"Che bei mariti avete, che belle famiglie". Intimidazioni e agenti trasferiti, ma la squadra non si ferma. Ormai ha un solo obiettivo: il super ricercato. La telecamera di sorveglianza di un negozio ha ripreso l'auto sulla quale è salito lo sconosciuto che ha avvicinato la moglie di un ispettore nei giorni scorsi
Hanno fermato la moglie di un ispettore della squadra Catturandi con una scusa: "Signora, può darci un'informazione?". Erano in tre, su un'auto. Uno è sceso. In mano teneva delle fotografie. "Che bei mariti avete - ha esordito - che belle famiglie". E intanto, scorreva le immagini. Era l'inizio di agosto. In quelle foto non c'erano soltanto il marito della donna e i suoi familiari, ma anche altri tre poliziotti della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo. Come anticipato da Repubblica nei giorni scorsi, l'ispettore e la sua famiglia sono stati già trasferiti d'urgenza in una località segreta. Adesso, si apprende che ci sono anche altri investigatori nel mirino. Tutti fanno parte dello storico gruppo che ha arrestato il gotha di Cosa nostra: da Salvatore Lo Piccolo a Mimmo Raccuglia e Gianni Nicchi. Da gennaio, la Catturandi di Palermo ha ormai un solo obiettivo: il boss trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1994. Alcune di quelle fotografie mostrate alla moglie dell'ispettore sono state scattate davanti alla squadra mobile, probabilmente proprio dopo gli ultimi arresti, quello di Raccuglia o di Nicchi, avvenuti fra il 15 novembre e il 5 dicembre dell'anno scorso. Si vedono i poliziotti mentre ritornano dal blitz. Evidentemente, qualcuno li spiava già da tempo. E non ha esitato a confondersi fra i giovani che esultavano davanti alla Mobile. La telecamera di un negozio ha ripreso l'auto con i tre misteriosi uomini che si allontanano a velocità. Purtroppo, le immagini hanno una risoluzione scadente, non è stato dunque possibile risalire al numero di targa. Gli investigatori della Mobile continuano a cercare. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal sostituto Francesca Mazzocco. In questi giorni, si riesaminano anche le dichiarazioni del confidente che a luglio aveva svelato ai carabinieri del Ros di alcuni progetti di attentato proposti dagli "emergenti" dei clan palermitani: nel mirino erano stati indicati la squadra mobile e il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo quelle rivelazioni era partito un fonogramma di allerta dal Viminale. La fonte riferiva che di quei progetti di attentato si sarebbe discusso durante un summit alla stadio della Favorita. Presente anche Matteo Messina Denaro: la fonte sostiene che il boss trapanese si oppose al ritorno degli attentati. Di più non sappiamo. Sull'attendibilità della fonte l'intelligence antimafia si è divisa. Anche in Procura ci sono valutazioni diverse. Di certo, però, all'inizio di agosto, i poliziotti della Mobile di Palermo sono finiti nel mirino con un'azione a sorpresa. Una coincidenza inquietante. Qualcuno ha pedinato e fotografato l'ispettore della Catturandi mentre usciva dalla squadra mobile, mentre faceva la spesa con i suoi familiari. Lui adesso è lontano da Palermo: "Non mi lascerò intimidire - ha detto a un amico prima di partire - nessun poliziotto di Palermo farà mai un passo indietro". Per i ragazzi e le ragazze della Catturandi l'ultima indagine - quella su Messina Denaro - è già da tempo molto di più che la solita caccia al superlatitante. Da gennaio - da quando il capo della Catturandi, Mario Bignone, ha scoperto di avere un tumore - questa indagine è stata una lotta per la vita. In un letto d'ospedale, all'indomani dell'operazione di Bignone, è nato il gruppo speciale "Messina Denaro", di cui fanno parte anche gli investigatori della squadra mobile di Trapani, della sezione Criminalità organizzata di Palermo e del servizio centrale operativo. Mario Bignone non ce l'ha fatta, è morto il 21 luglio. Adesso, i suoi ragazzi vogliono portare a termine la sua indagine.
(La Repubblica, 24 agosto 2010)

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